Recensione
Lo psichiatra dà voce alla confusa ricerca di senso di un'umanità che sembra aver dimenticato l'unica cosa che ci dà benessere: il piacere della socialità. Dopo aver smascherato lo stupore, lo sbalordimento, che caratterizza l'essenza dell’homo stupidus stupidus, Andreoli utilizza alcuni personaggi narrativi per dare voce alle fragilità del nuovo millennio. L'aumento della disoccupazione, l'incapacità di appropriarsi di quel tempo rimasto libero, la fuga dalle relazioni e soprattutto la resa alla distrazione continua per evitare di pensare: attorno a questi nuclei Andreoli costruisce dei monologhi, simili nella forma a delle brevi lezioni, alternati a pagine profondamente autobiografiche, vere, dense di preoccupazione per la condizione umana e per il significato stesso dell'uomo nel mondo.
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