Recensione
Dopo anni di esilio all’estero, il calabrese Cetto La Qualunque torna nella sua cittadina natia, Marina di Sopra, scortato dalla nuova famiglia, che include una compagna di colore (invariabilmente chiamata “cosa”) e una figlia di cui non ricorda bene il nome. Accolto dalla famiglia originaria e dagli amici di sempre, Cetto apprenderà a malincuore che qualcosa nella sua cittadina sta cambiando: un inopinato avvento di legalità rischia infatti di distruggere tutto ciò che lui ha creato con anni di disonesto impegno. Come porre rimedio a tutto ciò? In un paese soffocato dal cemento selvaggio e ingrigito dalla rassegnazione, Cetto La Qualunque (personaggio televisivo creato da Antonio Albanese nel 2003 e portato al successo con le trasmissioni della Gialappa’s band e “Che tempo che fa”) abbraccia con inquietante realismo e sfacciataggine il gorgo di infima amoralità ed esibito dispregio delle regole in cui sembra sprofondare l’Italia di oggi, quella che in tutto il mondo èormai la patria del “Bunga-Bunga”. La deprimente attualità di questo personaggio, l’orgoglio con cui esibisce la propria ignoranza e la volgarità con cui riduce l’universo femminile unicamente a questioni “di pilu”, finisce per essere uno specchio sempre più fedele della nostra realtà. Uno specchio che forse ormai possiamo essere spinti a rompere solamente guardandoci dall’esterno, riconoscendo in un personaggio tanto abbietto gli stessi tic che ci circondano e da cui, forse, noi stessi siamo già contagiati. Prima che sia davvero troppo tardi.
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