Recensione

Nessuno troverebbe da ridire di fronte all`affermazione che il secolo degli autoritarismi sia stato, per antonomasia, il Novecento, con due regimi nazifascisti che hanno incendiato l`Europa e innescato la Seconda guerra mondiale e la creazione, a Oriente, di quello che diverrà il blocco sovietico, sopravvissuto fino al 1989. Paolo Mieli parte proprio dalle scintille del conflitto, dal patto Molotov-Ribbentrop e dai «protocolli segreti» che hanno segnato anche il lungo periodo postbellico (e sopravvivono nella retorica putiniana) per impostare un`analisi attenta dell`eredità che ancora scontiamo del secolo scorso. Concentrandosi in apertura sull`ombra nera dei regimi tedesco e italiano, il lavoro dello storico porta l`autore a rintracciare nel passato più o meno recente i semi dell`autoritarismo: li individua nella reazione alla congiura di Catilina, nell`agire di un papa come Gregorio VII, nel populismo di Guglielmo II, nei tribuni della plebe «rivisitati» durante la Rivoluzione francese. Infine, quando a quello storico si unisce lo sguardo del grande giornalista, Mieli identifica i temi che abitano il dibattito pubblico odierno e che dell`autoritarismo portano un inconfondibile tratto: la convivenza religiosa spesso impossibile, la violenza organizzata del nostro mondo globale, il terrorismo nelle sue forme ormai internazionali, la cancel culture che abbattendo i monumenti vuole imporre una «nuova inquisizione che induce all`autocensura». Per insinuare il dubbio che quella (in)giustificata euforia democratica sorta sulle ceneri della guerra mondiale e rinnovata dalla caduta del muro di Berlino non sia stata altro che un abbaglio collettivo: il secolo autoritario di un secolo fa dura ancora oggi.
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