Recensione

L'etica del viandante.
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Titolo: L'etica del viandante.

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L`Occidente ha due radici: il mondo greco e la tradizione giudaico-cristiana. Per quanto dischiudano orizzonti completamente diversi, entrambi descrivono un mondo dotato di ordine e stabilità. Ma noi viviamo nell`età della tecnica. è finito l`incanto del mondo tipico degli antichi. è finito anche il disincanto dei moderni, che ancora agivano secondo un orizzonte di senso e un fine. La tecnica non tende a uno scopo, non apre scenari di salvezza, non svela la verità: la tecnica funziona. L`etica, come forma dell`agire in vista di fini, celebra la sua impotenza. Il mondo è ora regolato dal fare come pura produzione di risultati. L`unica etica possibile, scrive Umberto Galimberti, è quella del viandante. A differenza del viaggiatore, il viandante non ha meta. Il suo percorso nomade, tutt`altro che un`anarchica erranza, si fa carico dell`assenza di uno scopo. Il viandante spinge avanti i suoi passi, ma non più con l`intenzione di trovare qualcosa, la casa, la patria, l`amore, la verità, la salvezza. Cammina per non perdere le figure del paesaggio. E così scopre il vuoto della legge e il sonno della politica, ancora incuranti dell`unica condizione comune all`umanità: come l`Ulisse dantesco, tutti gli uomini sono uomini di frontiera. Oggi l`uomo sa di non essere al centro. L`etica del viandante si oppone all`etica antropologica del dominio della Terra. Denuncia il nostro modello di civiltà e mette in evidenza che la sua diffusione in tutto il pianeta equivale alla fine della biosfera. L`umanesimo del dominio è un umanesimo senza futuro. Il viandante percorre invece la terra senza possederla, perché sa che la vita appartiene alla natura. Così ci guida Galimberti: "L`etica del viandante avvia a questi pensieri. Sono pensieri ancora tutti da pensare, ma il paesaggio da essi dispiegato è già la nostra instabile, provvisoria e incompiuta dimora".
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