Recensione
Italo ha diciassette anni ed è cresciuto in una sconosciuta e pigra provincia insieme alla madre, Stefania, una bella donna di mezz'età che gestisce un centro estetico e che, durante l'infanzia del figlio, lo ha trascinato da un concorso di bellezza all'altro. Perché è bello, Italo, ma non se ne cura minimamente. Ne è anzi infastidito, dal momento che sembra l'unica cosa di lui che la gente nota. Italo è un solitario e anche per questo un attento e sensibile osservatore del piccolo mondo che lo circonda, fatto di vizi e ipocrisie, drammi e giorni sempre uguali. Ha un unico amico, Patrick, colosso di muscoli dai capelli arancioni fissato con le moto e la palestra, diversissimo da lui ma anche il solo capace di mostrargli un affetto sincero. E così, tra corse in bicicletta che tagliano le campagne afose di inizio agosto e la puzza della provincia che ti si appiccica addosso non appena ti avvicini alla città, tra le visite domenicali alle prostitute dell'autolavaggio di via Watt, le feste di compleanno popolate dalle amiche ubriache e disperate della madre e le commemorazioni per la vittima di un orrendo crimine compiuto quarant'anni prima, si sviluppa la storia di Italo, ospite suo malgrado di una realtà aliena che solo lui sembra vedere inutilmente immobile.
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