Recensione
«Come possiamo evitare che le prossime generazioni debbano pagare caramente il cinismo di noi contemporanei?». Da questa riflessione parte Jacques Attali per spiegare il fenomeno più evidente nell’economia degli ultimi anni: la crescita del debito pubblico. Una piaga non soltanto italiana: dopo la crisi, infatti, il deficit delle maggiori potenze mondiali è lievitato a dismisura, come accade solitamente soltanto in periodo di guerra. Ma quali conseguenze avrà la sovraesposizione economica dell’Europa e degli Usa? Per scoprirlo, dobbiamo fare un passo indietro e analizzare, sotto la guida dell’autore, la storia globale: dai sistemi di amministrazione fiscale dei governi dell’antica Grecia al primo “buco” nel bilancio nella Roma repubblicana (40 milioni di sesterzi spesi da Cesare per farsi eleggere “Pontifex Maximus”), dalla nascita del “Tesoro pubblico” nell’Italia del XIII secolo (il “Monte”, istituito nel 1262 a Venezia dal Doge) ai primi esattori delle tasse dell’età moderna (i “Fermiers généraux” in Francia), fino ad arrivare al XX secolo e al ruolo che gli Stati Uniti hanno avuto nella creazione del debito… Dalla storia, però, Attali trae un amaro insegnamento: dobbiamo correre rapidamente ai ripari perché, se salterà il sistema dell’indebitamento che finora ha tenuto in piedi la supremazia dell’Occidente, ci aspetterà una crisi ben peggiore di quella del 2008. Tempestivo e lucidissimo, questo saggio ci offre quindi un nuovo strumento – attraverso proposte praticabili e linee guida finalizzate alla tenuta dell’Unione Europea – per interpretare il tempo presente e cercare di immaginare come sarà il nostro immediato futuro.
Indietro