Recensione

Nel 2007 il Ministro Tommaso Padoa Schioppa definì i giovani italiani “bamboccioni”, cioè una generazione incapace di affrancarsi dalla sottana materna. Ma bamboccioni non si nasce, si diventa. L’Italia risulta essere il più vecchio Paese d’Europa, forse del mondo. Se si considera inoltre che la crisi ha avuto la maggior ricaduta sui giovanissimi, si comprende perché la situazione non sia per nulla entusiasmante. Emarginati e relegati a ruoli precari anche nella ricerca, i giovani italiani sono quelli che in tutta Europa credono meno nella possibilità di realizzarsi con un’occupazione gratificante. La fotografia del Paese nell’era della crisi del lavoro è demoralizzante. Poche famiglie under 35, “anziani” al potere, troppa burocrazia, rifiorire della pratica della “raccomandazione” o peggio. Ma ci dobbiamo arrendere a un’Italia come fabbrica di bamboccioni? No, non ci dobbiamo arrendere. Alla domanda se esistono giovani di talento che ce l’abbiano fatta nel nostro Paese da soli nei loro rispettivi ambiti, la risposta è alla fine positiva. Di giovani di successo, che non ricercano le luci della ribalta e non si fanno abbagliare dal facile successo a orologeria dei reality show, ce ne sono in tutti i campi: il manager, il gelataio, il medico, il musicista, l’architetto, l’informatico, il sindaco. E le loro esperienze sono appassionanti perché vere. Come sono riusciti a costruire una carriera basandosi solo sul proprio talento in un Paese che soffoca e deprime il merito? Come hanno fatto? Queste storie ce li raccontano. Raccontano chi ce l’ha fatta senza andare all’estero, senza troppa polvere, senza una lunga mortificazione di precariato. Storie di ragazzi e ragazze con passione e volontà di ferro, che sono riusciti a diventare esattamente quello che desideravano.
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